Il Codice Penale italiano tutela gli animali con una normativa specifica che punisce chiunque li sottoponga a maltrattamenti o atti crudeli. La norma cardine è l’articolo 544-ter c.p., introdotto con la legge 189/2004, che ha segnato un passo decisivo nel riconoscimento degli animali come esseri senzienti e non più semplici “cose”.
Vediamo cosa prevede la legge, quali sono le condotte punite e quali conseguenze rischia chi maltratta un animale.
Maltrattamento di animali: art. 544-ter c.p.
Cosa dice l’art. 544-ter c.p.
Il testo dell’articolo 544-ter c.p. stabilisce che:
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Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione a un animale o lo sottopone a sevizie o comportamenti tali da procurargli sofferenze, è punito con la reclusione da 3 a 18 mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
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Se dal fatto deriva la morte dell’animale, la pena aumenta: reclusione da 4 mesi a 2 anni.
La norma, quindi, non punisce solo l’uccisione, ma anche tutte le condotte che provocano dolore o sofferenza ingiustificata.
Le condotte punite
Il reato di maltrattamento di animali si configura in diversi casi, ad esempio:
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percosse, violenze fisiche o sevizie;
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abbandono prolungato senza cibo o acqua;
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uso di strumenti o pratiche che causano sofferenza;
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addestramento violento o con metodi crudeli;
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trasporto e custodia in condizioni incompatibili con la natura dell’animale.
È importante sottolineare che la legge parla di condotte “senza necessità”: ciò significa che non è punibile chi arreca un danno per motivi di necessità, ad esempio durante cure veterinarie o interventi obbligatori per la salute pubblica.
Differenze con l’art. 727 c.p.
Molti confondono l’art. 544-ter c.p. con l’art. 727 c.p., che riguarda abbandono e cattiva custodia.
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Art. 727 c.p.: punisce l’abbandono e la detenzione in condizioni incompatibili con la natura dell’animale.
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Art. 544-ter c.p.: punisce i maltrattamenti intenzionali, cioè la volontà di infliggere dolore o sofferenza.
Spesso le due fattispecie possono coesistere: ad esempio, un cane lasciato sempre alla catena senza cure può configurare sia cattiva custodia che maltrattamento.
Le aggravanti
Il reato di maltrattamento di animali può avere conseguenze più gravi in presenza di aggravanti, come:
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la morte dell’animale,
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il numero elevato di animali maltrattati,
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la crudeltà particolarmente efferata delle condotte.
In questi casi la pena può arrivare fino a 2 anni di reclusione, oltre a sanzioni pecuniarie significative.
Misure accessorie e conseguenze
Oltre alle pene principali, il giudice può disporre anche:
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confisca e sequestro degli animali maltrattati, che vengono affidati ad associazioni o strutture idonee;
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interdizione temporanea dall’allevamento o dalla custodia di animali;
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pubblicazione della sentenza, come misura di dissuasione.
Importanza delle segnalazioni
La repressione del maltrattamento di animali passa anche attraverso la collaborazione dei cittadini. Chiunque assista a episodi sospetti può segnalare il fatto a:
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forze dell’ordine (Carabinieri, Polizia, Polizia Locale),
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NAS dei Carabinieri,
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Servizi veterinari delle ASL,
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associazioni animaliste riconosciute.
La tempestività delle denunce può salvare molti animali da condizioni di sofferenza.
Maltrattamento di animali: art. 544-ter c.p.
Il reato di maltrattamento di animali, disciplinato dall’art. 544-ter c.p., rappresenta un baluardo fondamentale nella difesa degli animali in Italia. Punisce non solo la crudeltà volontaria, ma anche tutte quelle condotte che infliggono sofferenze ingiustificate.
Riconoscere e contrastare questi comportamenti è un dovere collettivo, perché la tutela degli animali riflette il livello di civiltà e umanità di un Paese.